Più potenza per i V4. Per questo li scelgono tutti… O quasi, perché Yamaha rimane fedele al quattro in linea. ma per quanto tempo ancora?
Nell’esaminare il campo dei concorrenti al trono della classe regina c’è una cosa che balza subito agli occhi: solo la Yamaha impiega un quadricilindrico in linea. Tutti gli altri costruttori hanno optato per una architettura a V. La cosa fa nascere una serie di considerazioni in merito ai punti di forza e agli svantaggi legati alle due diverse architetture.
Se non ci fossero limiti alle misure di corsa e alesaggio, i motori a V sarebbero nettamente avvantaggiati.
Cominciamo con quelle puramente motoristiche, che riguardano cioè solo le prestazioni fornite dal motore e non il comportamento generale della moto. Se non ci fosse il regolamento e le misure caratteristiche (alesaggio e corsa) fossero libere, i motori con architettura a V sarebbero nettamente avvantaggiati. Mentre più di tanto i motori in linea non potrebbero spingersi in quanto ad alesaggio (per evitare di avere una larghezza eccessiva), quelli a V non sarebbero limitati in questo senso. Potrebbero adottare rapporti corsa/alesaggio estremi senza incappare in un eccessivo ingombro trasversale. Dunque, potrebbero impiegare valvole più grandi, disporre di una maggiore superficie dei pistoni e raggiungere regimi di rotazione notevolmente più alti. Potrebbero quindi erogare potenze più elevate.
Ma da tempo il regolamento limita l’alesaggio a 81 mm.
La FIM però ha limitato l’alesaggio a un massimo di 81 mm (al quale, nel caso di un quadricilindrico di 1000 cm3, corrisponde una corsa di 48,4 mm). In questo modo ha posto tutti i motori sullo stesso piano in quanto a misure caratteristiche e ha anche limitato il massimo regime di rotazione. Con quella data corsa, più di tanto i motori non possono girare per non andare in “crisi respiratoria”.
Anche a parità di misure caratteristiche i motori a V sembrano comunque poter fornire, almeno in linea teorica, una potenza massima di poco superiore per via del rendimento meccanico leggermente migliore. Dato che i supporti di banco sono tre soltanto e non cinque (come nei quadricilindrici in linea), le perdite per attrito dovrebbero risultare un poco minori. Questo svantaggio dei quattro in linea viene ridotto dal fatto che i perni di banco dei motori a V, minori come numero, hanno però un diametro leggermente maggiore.
Vantaggi e svantaggi delle due soluzioni.
Sensibilmente diverse sono le considerazioni che riguardano l’integrazione motore-ciclistica e quindi la guidabilità della moto. Un motore in linea può essere leggermente più corto di uno a V e, soprattutto, avere il baricentro spostato più in avanti. Ciò può tradursi in migliore centralizzazione delle masse in senso longitudinale, maggior carico gravante sull’avantreno e possibilità di impiegare un forcellone di maggiore lunghezza.
È qui opportuno osservare che sembra che ai tecnici del settore (forse) importi maggiormente la posizione del baricentro che non la centralizzazione delle masse. E che di recente, grazie allo sfruttamento della aerodinamica, è andata assumendo una importanza considerevole anche la posizione del centro di pressione.
I motori a V possono essere più stretti di quelli in linea. L’albero a gomiti è più corto e non ci sono alle sue estremità due cilindri (con relative bielle e pistoni). In altre parole è minore il cosiddetto “effetto bilanciere”. Nei motori in linea quando si inclina la moto, a parità di angolo di piega, le estremità dell’albero, più lontane dal centro, compiono uno spostamento maggiore. Dunque, almeno teoricamente, la moto può essere più dura da inclinare, cosa che potrebbe essere compensata da una maggiore stabilità, in particolare nelle curve veloci. Non per nulla ci sono circuiti più o meno “favorevoli” alle diverse moto.
Quattro in linea più equilibrata e facile… almeno sulla carta. Quattro a V più potente e veloce.
A questo punto è logico chiedersi se faccia bene la Yamaha a continuare con una architettura in linea mentre gli altri adottano tutti quella a V. La domanda è senza risposta. Dipende. Loro sono convinti così, come del resto lo erano i progettisti della Suzuki che qualche anno fa ha vinto il mondiale con Mir. Non era la più veloce, non era la più potente ma era probabilmente la più equilibrata e la più “facile”. E aveva i cilindri in linea.